Prof. Mario AIROLDI: UMANIZZAZIONE DEI LUOGHI DI CURA IN ONCOLOGIA

Prof. Mario AIROLDI
DIRETTORE ONCOLOGIA MEDICA 2
Città della Salute e della Scienza  - TORINO
La storia dell’Oncologia Medica ha subito rapide evoluzioni che hanno portato all’avvento di nuove strategie terapeutiche multidisciplinari e, più recentemente, alla introduzione nel bagaglio terapeutico delle  terapie biologiche. Questi progressi hanno determinato un miglioramento della sopravvivenza consentendo, anche in caso di malattia plurimetastatica,  una “cronicizzazione” del quadro clinico.
Negli ultimi anni si è assistito ad una rivoluzione ulteriore, ben più profonda ,  che è partita
dall’ evidenza che per ottenere un successo terapeutico  pieno e globale  è necessario porre al centro della cura l’uomo piuttosto che il cancro, e che è impossibile curare senza prendersi cura del paziente oncologico. Questo spostamento d’obbiettivo ha dato notevole impulso allo studio di nuove discipline quali la psico-oncologia, le cure palliative, la riabilitazione oncologica, l’oncologia geriatrica, l’arte-terapia, oltre che approfondire nuove  tematiche quali la qualità di vita, gli  aspetti economici e sociali del paziente oncologico, la tipologia di vita dei  lungo sopravviventi, le problematiche familiari specie dei figli minori, la qualità dei luoghi di cura.
Questo nuovo impulso ha fatto si che  i luoghi di cura oncologica si siano arricchiti di  nuove figure quali lo psico-oncologo, il fisioterapista, l’arte-terapeuta, i volontari che hanno portato a valutare il paziente nella sua dimensione olistica, qualificando l’assistenza per una maggiore umanizzazione , considerando il paziente non solo soggetto di attenzione ma anche un essere nella propria individualità  cui è importante concedere non solo più tempo convenzionale  ma è fondamentale aggiungere più tempo esistenziale.
Una particolare attenzione è stata rivolta alla “fatigue” e allo stress picologico del paziente oncologico. La “fatigue” rappresenta uno dei sintomi più frequenti ed invalidanti; essa ha un origine multifattoriale (anemia, dolore, scarso apporto nutrizionale, ansia, depressione, terapie oncologiche, co-morbilità, alterazioni metaboliche , produzione di citochine, ecc.) e non viene frequentemente esplicitata dal paziente;  è stata , fino ad ora , oggetto di scarsa attenzione terapeutica da parte dell’oncologo.
Lo stress psicologico si caratterizza per la presenza,nel 70% dei casi, di  ansia  che dipende da molteplici fattori (stress da diagnosi e terapia, dolore,da farmaci, compromissione fisica,perdita di indipendenza, paure pregresse, futuro dei famigliari, ridotta capacità di interagire con gli altri) e di depressione presente nel 50% dei pazienti.
Lo stress psicologico può essere alleviato  dalle sedute di psico-terapia, dalla condivisone delle proprie esperienze con gruppi di volontari affetti da uguale patologia, dall’uso,in casi selezionati, di antidepressivi , da esperienze di arte-terapia (es. musicoterapica) e da ambienti di cura meno freddi ed anonimi.
Da una recente indagine  condotta dal Collegio dei Primari di Oncologia Medica (Coordinatore: Dr Crispino)  su 7055 pazienti in 86 day hospital oncologici italiani emerge un giudizio buono sulla componente medico-infermieristica con una diffusa fiducia nelle cure, mentre viene segnalata la necessità di un aumento dell’attenzione per gli aspetti psicologici del paziente, con un giudizio di sufficienza per quanto concerne i luoghi di cura (sale d’aspetto, sale prelievo, sale di terapia).
Il paziente oncologico attraverso i questionari ci segnala pertanto la necessità di un maggior dialogo con gli oncologi , di una maggior attenzione per i problemi psicologici e sociali e anche per i luoghi di cura. Questi devono caratterizzarsi per un maggior comfort, per maggior cura degli allestimenti scegliendo alle pareti tonalità di colore più  calde , immagini che richiamino la natura e la vitalità con arredi non anonimi con forme avvolgenti e prive di spigoli. In particolare le aree di attesa  corrispondono per il paziente ad un tempo sospeso, privo di ogni possibilità  di azione che non sia l’attendere stesso, un tempo indefinito carico di ansia e di noia, uno spazio/tempo di abbandono a se stessi che induce depressione e malcontento. Al contrario, il momento dell’accesso alla struttura ed ai suoi servizi è un nodo fondamentale che deve contenere tutti gli elementi di riconoscibilità. E’ il punto di partenza per orientarsi, non essere intimiditi o respinti dall’ambiente e comprenderne immediatamente la fruibilità . E’ il luogo dove avviene il primo contatto diretto con il personale e dove si pongono le basi per un rapporto di fiducia da parte del paziente nei confronti della struttura stessa. Occorre creare un ambiente articolato aperto alla comunicazione e che consenta la possibilità sia di distrarsi sia di raccogliersi in se stessi. Soprattutto in un day hospital oncologico , dove i pazienti restano a lungo e tornano abitualmente per le terapie, il concetto di sala d’attesa deve lasciare il posto a quello di soggiorno.
Per sentirsi a suo agio , l’uomo deve umanizzare il luogo in cui si trova , ritrovare delle forme archetipe che sa riconoscere a livello profondo. Un tempo , la materia si modellava a misura d’uomo e l’architettura non poteva esimersi dal rispettare le forze elementari ad essa sottese.
Oggi  invece, rette e spigoli utilizzati in modo sistematico , associati a materiali duri e freddi , l’assenza del colore, il repertorio espressivo ormai abusato dell’ortogonalità, l’ossessiva ripetitività del quadrato, hanno prodotto soluzioni urbane e ambientali costrittive e troppo semplicistiche. Spazi che presentano  degli aspetti di vitalità mortificata e risultano perciò depauperati , in quanto non riflettono più la vita.
Occorre invece restituire calore creando spazi di accoglienza in grado di suscitare emozioni e comunicare una idea di libertà; un’ interessante opzione è quella di scegliere le forme organiche della natura, già presenti nell’immaginario di ciascuno: la forma rotonda che accoglie e contiene , la forma sinuosa che esprime dinamismo e invita al movimento.
Del resto Platone ci ricorda che “l’ arte e la musica sono il mezzo con cui possiamo agire direttamente sull’anima umana e influenzare lo stato d’animo fin nel profondo”.

                                                                                                           Mario AIROLDI